
Lo scorso anno conobbi Rossana, grazie ad un amico comune che mi suggerì la sua galleria. Non aspettai molto tempo, mi diressi subito da lei, piena di curiosità. L’amico comune non si sbagliava. Rimasi subito affascinata dalla sua particolare galleria, oltre che dalla sua persona. Una donna intelligente, capace, determinata e amorevole. Qualche giorno fa l’ho richiamata, avevo voglia di un altro confronto con lei. Questa volta, però, con un intento diverso, la voglia e il piacere di poterlo condividere con tutti voi. Telefonicamente, mi preannuncia che il giorno prima aveva inaugurato una mostra. Vogliate perdonarmi, ma non ne ero al corrente. Rimedio subito. Alle ore 16.30 mi presento alla galleria Ciocca Arte Contemporanea di Rossana Ciocca in via lecco 15. Vengo accolta subito dalla mostra allestita dal titolo Saved by the bell , opera di un artista giapponese di nome Kensuke Koike.
Esposizione presenta nella prima sala una scultura di recente creazione che con un gioco di luci e riflessi crea un’atmosfera magica nella stanza. A seguire è presente la parte più corposa della mostra, una serie di fotografie
vintage uniche sia per il pensiero che c’è dietro, sia per la lavorazione delle foto, accurata e precisa. L’artista attribuisce una nuova storia, una nuova vita e un nuovo racconto ad ogni foto, poiché grazie ad un ritrovamento
casuale delle stesse non è stato possibile risalire alla loro originale provenienza o alla loro storia reale. Raccoglie fotografie, per rivivere storie ormai sepolte. Spero di poter approfondire il lavoro di Kensuke il più presto possibile, dato che l’artista era in partenza per la Slovenia e il tempo a disposizione non era molto. Vi consiglio vivamente questa mostra, che durerà fino al primo di aprile. Dopo una breve ma indicativa chiacchierata con l’artista, inizio il mio confronto con Rossana. Siamo sedute una di fronte all’altra davanti al grande tavolo della sua galleria.
A soli ventiquattro anni, nel 1998, Rossana apre la sua prima galleria. In questi anni ha potuto osservare l’evoluzione e il cambiamento dell’arte e delle sue dinamiche, che passa da essere esclusiva di pochi, a beneficio di molti.
D: In base a quali criteri hai scelto i tuoi artisti in questi anni, Rossana?
R: In questi anni, ho sempre dato maggior importanza agli artisti che hanno improntato la loro ricerca sulla sperimentazione e sull’alchimia e verso coloro che hanno attenzione verso il sociale. Ho sempre dato molta
importanza alla disposizione delle opere nella galleria sia rispetto ai soggetti del lavoro e sia rispetto alla possibile fruizione del visitatore. Ciò che a me interessa maggiormente è far capire la costruzione di un progetto e l’ intero universo dell’artista. Io cerco innanzi tutto di vendere un messaggio che abbia senso nel tempo in cui viviamo.
D: Nella vita, così come nel lavoro, c’è una persona o un evento che modifica i propri punti di vista. Tra tutti gli artisti che hai conosciuto, chi ha avuto per te questo valore?
C’è stato un artista in particolare che ha cambiato il mio atteggiamento nei confronti del lavoro e dell’arte: un artista tedesco di nome Wolfgang Weileder. Lui mi ha fatto comprendere le varie dinamiche che nascono quando si affronta un progetto sviluppato sul suolo pubblico, creando così una pratica performativa relazionale. Nel 2008 collaborai con lui, nel progetto intitolato Le Terme, realizzato in Piazza Oberdan. Da quel momento ho capito l’importanza e l’impatto sociale che può avere un lavoro svolto nello spazio pubblico e quindi fuori dai canoni prestabiliti di una galleria. Fuori dalla mia “bottega” ho avuto la possibilità di conoscere un pubblico nuovo, che altrimenti non avrei mai incontrato.
Durante la costruzione di questo lavoro, ho capito quanto l’Italia fosse rimasta indietro. Da quel momento in poi decisi che avrei avuto e svolto una “doppia vita”: una in galleria, rimanendo legata ai canoni tipici del gallerista, e l’altra occupandomi di pratiche performative relazioni sullo spazio pubblico. Col tempo ho potuto fare tante esperienze che mi hanno fatto imparare il miglior modo di sviluppo di queste pratiche e di come sia essenziale il legame con i social network.
E’ con mio grande piacere che vi racconto ciò che Rossana svolge e il senso del suo lavoro extra galleria. Rossana segue una serie di progetti, il primo dei quali si chiama: CENACONME! ormai a quattro anni dalla sua prima presentazione.
Cenaconme! è un modo diverso per reinventare collettivamente il modo tradizionale in cui abitualmente viviamo la città. Si tratta di un contenitore creativo temporaneo che, con una modalità simile al flash mob, persegue l’obiettivo di abitare un luogo della città vissuto frettolosamente nella quotidianità e, invece attraverso la cena, decretarne la sua modifica, contribuendo così alla ridefinizione dell’identità cittadina. Questo luogo, anche se per poche ore, attraverso la cena si Ri-riempie di senso, non solo perché le persone tornano momentaneamente ad ABITARLO, ma anche perché ad ogni cena viene sviluppata e lanciata una tematica diversa, sollecitando così i partecipanti ad offrire a sé e agli altri un’interpretazione personale e individuale del proprio mondo interiore, attraverso gli ingredienti a disposizione quali cibo, design, arte e moda. Il secondo obiettivo è sicuramente quello di invitare a celebrare un momento di SCELTA e CONDIVISIONE. La cena è un evento impegnativo per chi sceglie di partecipare, perché per sua natura richiede che venga portato da casa tutto il necessario: tavoli, sedie, stoviglie, cibo; l’impegno di ogni singolo viene alleggerito dal gruppo che si forma intorno al tavolo, favorendo così lo scambio e l’incontro fra i partecipanti all’evento.
Cenaconme! è un progetto no profit,apolitico, e di riqualificazione Urbana e Umana.
Nato da un’idea della gallerista Rossana Ciocca e cresciuto con l’impegno di squadra di Alessandra Cortellezzi, Cenaconme! vuole essere un invito semplice e informale a partecipare e a creare il proprio Cenaconme.
Un altro dei progetti di Rossana è: “You are here, Now”
Nasce dalla volontà di ASOPEC Garibaldi, l’Associazione che racchiude gli operatori economici e culturali di Corso Garibaldi, di abbattere i confini esistenti fra quelli che sono considerati spazi pubblici e spazi privati, sollecitando così passanti e cittadini a riflessioni lungo il loro cammino da una parte all’altra del Corso. Rossana, coinvolgendo anche l’agenzia di design studio Pepe di Milano, si è posta principalmente tre domande (partendo dal presupposto che il vivere non possa essere totalmente razionalizzato e che quindi deve essere necessariamente compreso in maniera più soggettiva, sensoriale e percettiva): quale futuro per la città? Quale futuro per il commercio? Quale futuro per il design? Le domande e le relative risposte partono dalla strada, luogo di cambiamento e mobilità per eccellenza, dove l’analisi principale verte sulla cura del cittadino, del suolo pubblico e sulla polivalenza dello spazio. Il progetto si è sviluppato essenzialmente attraverso l’uso di una grafica gialla a terra lungo tutto il Corso; lo Studio ha realizzato un percorso immateriale ed emozionale, ponendo la stessa domanda al passante e creando una sottile linea di complicità fra il sé e lo spazio circostante. L’installazione è stata visibile durante il Salone del Mobile 2013.

UpGiotto: è un altro dei progetti che Rossana coordina,ideato in collaborazione con Alessandro Ceresoli e con il gruppo A12, in concomitanza della nona edizione della Giornata del Contemporaneo, che si svilupperà per un anno intero nelle piazze italiane. Realizzato per la prima volta a Città del Messico, Up@Giotto prevede la partecipazione di una comunità di persone ad una gara di “disegno dettato”. Quaranta carte +1 che formano il mazzo di carte di Giotto,
dove la variabile (+1) è la carta che è possibile ideare elaborando un simbolo che rispecchi la città che accoglie il “Gioco”. Quest’ultimo si svolge attraverso questi semplici passaggi: I giocatori pescano a turno da un mazzo una carta sulla quale è riprodotto un disegno che devono descrivere agli altri giocatori. Questi ultimi disegnano ciò che viene loro descritto, direttamente sulla strada, con gessetti bianchi o colorati. Quando tutti hanno finito, la carta viene svelata e viene votato il disegno che più si avvicina all’originale. La piazza prescelta diventerà così il terreno di gioco
temporaneo di Giotto, attivando l’attenzione e il coinvolgimento degli abitanti del quartiere. Nel corso della manifestazione la piazza progressivamente coperta dai disegni dei giocatori va così a costituire un unico grande intervento artistico. “Giotto è un gioco povero come quelli con cui si divertivano i nostri padri e nostri nonni, è un gioco di strada come quelli che si facevano utilizzando noccioli di frutta, sassi, tappi di bottiglia e molta fantasia. Giotto aggrega le persone, diverte, e attraverso i disegni fatti sui marciapiedi, nelle piazze o sulle strade, lascia una traccia che non inquina, destinata a sparire in pochi giorni.” (A. Ceresoli – A12)
Questi sono alcuni dei progetti che Rossana ha sviluppato negli ultimi tre anni a Milano, progetti che si basano essenzialmente su nuovi concetti relazionali di condivisione. Il relational design, o arte relazionale, è un nuovo concetto che va oltre le tradizionali forme di comunicazione. A differenza dell’arte tradizionale in cui il pubblico è coinvolto in maniera passiva, nell’arte relazionale il pubblico è interattivo, diventa parte del concetto e lo muove insieme a lui. Questa forma di coinvolgimento da parte del pubblico fa sì che il design si trasformi in esperienza, un’esperienza che la persona sceglie di vivere e di trasmettere ad un’altra persona, formando così una catena infinita…
D: Rossana, da quanto ho capito sei una donna piena di progetti; nel tuo futuro?
R: ArtCityLab: è un’associazione che ha lo scopo di far interagire attori privati e istituzioni pubbliche interessate alla produzione di format culturali in alternativa alle consuete politiche culturali. Grazie all’esperienza maturata in alcuni eventi prodotti dai fondatori di ArtCityLab, partiche performative e relazionali all’interno dello spazio pubblico come cenaconme e #upgiotto e altri sopra elencati, abbiamo registrato e trovato conferma di quanto il pubblico desideri vivere in prima persona nello spazio pubblico eventi che riflettono dinamiche culturali complesse. Il tentativo dell’associazione è di far interagire istituzioni, cittadini, associazioni e fondazioni, creando un dibattito sul territorio e facendo interagire tutte le discipline dell’arte, con un’attenzione particolare ai progetti che sviluppano format nella quale lo spettatore diviene parte del processo creativo perché è solo attraverso la verifica dell’esperienza pubblica che soggettivamente possiamo attivare dinamiche positive e far meglio comprendere il valore della cultura, dell’innovazione e della collettività.
L’associazione inaugurerà con la prima pratica performativa al più presto mettendo in scena il lavoro di Enzo Umbaca; Noi ricordiamo: atto unico. L’artista è nato a Caulonia e vive e lavora a Milano. Questo progetto nasce col nome Goditi il Panorama nel 2015 presentato a L’Aquila nel Settembre del 2015, prendendo ispirazione dalla capacità delle lucciole di illuminare il buio, così allo stesso modo l’artista illumina luoghi e oggetti, con lo scopo di unire la comunità e illuminare una parte della città che rispecchi i valori culturali e sociali condivisi.
Questa volta il palcoscenico scelto è stato il Teatro Continuo di Burri, in Parco Sempione. Milano nel 2015 ha riavuto un pezzo della sua storia per dare spazio alla creatività, ma soprattutto per ricollegare il pubblico allo spazio urbano, per aprire le porte del teatro, da sempre luogo di cultura, a chiunque fosse interessato alla sua conoscenza. Il titolo della performance prende ispirazione da Fahrenheit 451, il romanzo di Ray Brandbury e dalla versione cinematografica di François Truffaut del 1966. Nel romanzo si spiega bene l’importanza della tutela nei confronti dei
libri e di una civiltà destinata all’oblio. Il teatro urbano che ci circonda mette in scena quotidianamente il dramma della povertà, in crescita in maniera esponenziale e con questa performance decidiamo di dare spazio ad un gruppo di cittadini spesso dimenticati: i senzatetto. Si incontreranno all’entrata del Parco con in mano un piccolo dispositivo laser; accendendolo e spegnendolo come lucciole, creeranno uno “sciame” che illuminerà il buio. Il percorso si concluderà sulla piattaforma del Teatro Burri, dove la luce dei laser direzionati sull’arco, a luce delle identità sepolte,
creeranno la scritta : Noi Ricordiamo. E’ un atto visivo e collettivo, che mostra i senzatetto come attori sociali, performance che richiede la collaborazione con l’associazione MIA che già da tempo si occupa di questa tematica e che serve ogni domenica dell’anno una cena gratuita agli homeless della città.
Riflessioni Riflesse; altro progetto curato e coordinato da Rossana con l’artista Paolo Masi, che fin dagli anni sessanta ha mostrato il suo interesse verso il rapporto con la città. Riflessioni Riflesse ha il potere di coinvolgere lo spettatore nella magica illusione del colore. L’opera, costituita da una moltitudine di dischi specchiati, doppiati da altri dischi in perspex colorati adagiati in varie posizioni rispetto alla struttura che li ospita, crea una disseminazione in continuo dialogo con l’architettura circostante, rendendo così il passante, attraverso un punto di vista variabile, partecipe del
luogo che attraversa. Il lavorio delle riflessioni si fa da fisico a mentale. Per schegge, per tagli ottici improvvisi, la concentrazione dello sguardo moltiplica cieli e dettagli architettonici, costringendo la visione a una durata e a un’intensità consapevole.
C’est la vie! È il progetto di un’artista svizzera, Sylvie Fleury, che osservando la società offre un panorama di opere che spaziano dalle semplici immagini, alle installazioni e a performance che hanno riscontri più attivi sulla società. In campo dagli anni ’90, attinge dalla moda, dal lusso e dal design, per la creazione delle sue opere, unendo così i linguaggi. Opera sulle pratiche socio-culturali contemporanee per farci prendere coscienza sulla sua idea di formattazione dell’individuo da parte del sistema del consumo. Le sue opere contrappongono all’immagine della donna come oggetto del desiderio, enunciata ancora e sempre dal punto di vista maschile, la visione di una donna che si definisce e agisce, in un atteggiamento di emancipazione, in funzione dei propri desideri. C’est la vie è anche il nome della performance che mette in scena più volte negli anni nei centri commerciali del mondo: cinque modelle vestite con la copia degli abiti di Mondrian di Yves Saint Laurent che passeggiano con al loro fianco dei cani. Sfilano indisturbate tra le persone, che stupite e divertite dalla scena, fotografano l’evento come meglio possono, mentre le modelle continuano a camminare tra una posa coreografica e l’altra a suon di musica. L’opera dell’artista ci rivela gli stereotipi culturali e i miti collettivi della società contemporanea, sulla base dei suoi stili di vita e miti personali,
dominando così lo scarto che c’è oggi fra le convinzioni del gioco delle apparenze e l’affermazione dell’individualità.
“Fil rouge” di tutti questi lavori è sicuramente il pensiero di Ugo la Pietra, esplicitamente presentato sui suoi striscioni a partire dal 1968 con la scritta “Abitare e essere ovunque a casa propria”, con l’intento di riprodurli in un nuovo Festival di pratiche performative a Milano.
Mi ha fatto estremamente piacere trascorrere del tempo con lei. Sono onorata di poter presentare le sue bellissime iniziative, da me condivise sia nei principi che nelle motivazioni. Mi auguro che sarete partecipi ai prossimi eventi da lei realizzati. Saluto e ringrazio Rossana per il tempo dedicatomi e colgo l’occasione per farle il mio personale in bocca
al lupo per la sua vita e per la sua bellissima carriera, con questa citazione:
“Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte”
Gabriele D’Annunzio