Atto e Potenza. Intervista a Roberto Pietrosanti

Una mostra dal titolo “Atto e Potenza” non me la potevo di certo perdere. Ho chiamato i galleristi di “Costantini Art Gallery” e gli ho chiesto la cortesia di poterla vedere in anteprima. Loro, con la carineria di sempre, non solo mi hanno permesso di vedere la mostra, ma anche di poter parlare con l’artista.
Meglio non mi poteva andare!
Appena sono entrata, la mia prima sensazione è stata: armonia ed eleganza. Interessante, molto interessante. Ho aspettato che arrivasse l’artista, che è arrivato dopo cinque minuti, ci siamo seduti sui divani della galleria e abbiamo iniziato la nostra conversazione. La prima cosa alla quale ho pensato è stata, la citazione di un pensiero a cui mi rimandava; Aristotele, atto e potenza: “ogni oggetto del mondo è sempre fatto di qualcosa di determinato e ha in sé la possibilità di diventare altre cose”.

Roberto Pietrosanti, ve lo presento.

Perché il titolo “Atto e Potenza”?: “Una delle icone principali per me è la figura di Davide, per l’atto di coraggio che dimostra. La potenza e l’atto di coraggio. La potenza e l’atto di coraggio fanno sì che l’artista possa far nascere un’opera, attraverso l’atto creativo. Ho preso in considerazione la figura di Davide essenzialmente rifacendomi a due opere, Il Davide di Michelangelo e il Davide del Bernini. Il primo, è una figura più mentale, è statico quindi in atto. Il secondo, rappresenta la potenza, la fisicità. La figura che scagliando la pietra”.

L’opera si crea come atto di potenza, la stessa potenza che definirà un momento , che cambierà o darà inizio ad una nuova storia.

“Ho iniziato a fare questo lavoro per una “folgorazione”. Ho seguito studi di musica, ma avevo una grande manualità che doveva prendere sfogo. Per puro caso, m’imbatto nel 1986 a Roma in una mostra dal titolo “I neri di” ed è stato in quel momento che ho deciso che cosa avrei fatto da grande, da lì a qualche mese la mia manualità avrebbe trovato il suo canale.
Ho cominciato da subito a lavorare su superfici vuote delineate dalla mia immaginazione, fino a creare delle opere piene con dei segni di perimetro immaginari”.

Passa dal segno alla forma, in maniera veloce, elegante, lineare e quasi impercettibile.

“Io ho l’abitudine di condividere il mio lavoro, da subito ho iniziato ad avere interconnessioni con l’architettura, passando al teatro, alla danza, le mie forme sono plasmate sul movimento del danzatore”.

Le sue opere richiamano all’immaginazione un particolare di un paesaggio del Gran Canyon, che ha oramai la sua stabilità espressiva attraverso le fasi del tempo, di compiuto assestamento tra le forme che hanno raggiunto la loro armonica compiutezza.

“Nel 1990, mi viene un’idea; si iniziava a parlare di arte digitale. Ed io entrai, dal mio canto, a gamba tesa in questo discorso, portando come riflessione la differenza sul valore del mezzo e dell’uso che se ne vuole
fare. Se attraverso il digitale è possibile arrivare all’immagine attraverso una divisione numerica, io posso conoscere l’opera punto per punto. Volevo a tutti i costi rintracciare l’essenza del digitale. Inizio a fare opere con gli spilli. Ho cercato di andare oltre lo schermo e ho iniziato a lavorare su immagini iperdinamiche attribuendogli una grande lentezza testuale, attraverso la lavorazione fatta con gli spilli. Attribuire una voce all’opera in qualche modo. Che per me sarebbe stata la voce dell’Annunciazione”.

In effetti, nelle opere di questo artista coesistono perfettamente; arte, musica , melodia, eleganza, iconografia, studio, religione e guardando le sue opere ti senti di dover oltrepassare la semplice astrazione, fino ad arrivare ad una nuova figurazione.

“Nel 2012, un mio assistente mi fa ascoltare un cd; era l’album di Giovanni Lindo Ferretti . In quel momento decisi che la sua voce mi rimandava a qualche immagine. Gli scrissi una lunga lettera, ma non gliela spedii .
Dopo un anno, riprendo in mano la lettera e gliela spedisco, senza nessuna risposta. Faccio sette disegni per lui accompagnate da due righe. Spedisco anche questa volta e mi arriva la risposta da parte di Ferretti.
Fissiamo il nostro primo incontro a maggio a Roma. Dopo un primo momento in cui ci siamo dovuti sintonizzare, Ferretti accetta la mia idea. Mi trasferisco a casa sua per nove mesi e lavoriamo per dar vita al nostro comune progetto”.

Il 24 Marzo sarà presentato a Roma, giorno della vigilia dell’Annunciazione. Ho la voce e il progetto si chiama “Non avere timore”.
Per caso stasera ho ritrovato una citazione di Aristotele con la quale chiudo il mio scritto: “l’arte completa ciò che la natura non può finire. Compito dell’artista è realizzare quegli obiettivi non ancora raggiunti dalla natura.”

Consiglio a tutti voi questa mostra, che a mio avviso, merita ed è da non perdere. Colgo l’occasione per ringraziare i galleristi, per la loro sempre disponibilità e Roberto per il tempo dedicatomi.

La mia dedica di in bocca al lupo per l’artista, per la buona riuscita della mostra e per i suoi futuri progetti è

“Rimmel” di Francesco De Gregori:

“E qualcosa rimane,
fra le pagine chiare e le pagine scure,
e cancello il tuo nome dalla mia facciata
e confondo i miei alibi e le tue ragioni,
i miei alibi e le tue ragioni.
Chi mi ha fatto le carte
mi ha chiamato vincente, ma uno zingaro è un trucco.
E un futuro invadente, fossi stato un pò più giovane,
l’avrei distrutto con la fantasia,
l’avrei stracciato con la fantasia.
Ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo
e la mia faccia sovrapporla a quella di chissà chi altro.
ancora I tuoi quattro assi, bada bene, di un colore solo,
li puoi nascondere o giocare come vuoi
o farli rimanere buoni amici come noi.
Santa voglia di vivere
e dolce Venere di Rimmel.
Come quando fuori pioveva e tu mi domandavi”