Intervista a Luca Coser

La metà alta, 2016, mista su legno, cm 30×30

Credo molto nella non casualità di un incontro.
Qualche settimana fa, per caso, rincontro un amico che non vedevo da molto ed entusiasti per esserci rivisti decidiamo di andare insieme a cena.

Mi disse che non era solo, ma con un suo amico. Risposi che per me non c’erano problemi, per educazione e perché, conoscendolo sicuramente mi avrebbe presentato quantomeno qualcuno d’ interessante. Sono un’ironica di natura, la mia base di valutazione nei riguardi di una persona, oltre ad una serie di caratteristiche, verte tendenzialmente sulla simpatia e pensai: “speriamo sia simpatico, altrimenti non reggo un’intera cena”.

Non solo Luca Coser si è dimostrato uomo colto e dall’intelligenza brillante, ma soprattutto persona di grande simpatia ed ironia. Non gli ho chiesto di parlarmi del suo lavoro in quella stessa sede, ma ho fissato un appuntamento con lui qualche giorno dopo, sicura che mi sarei interfacciata con una persona che già gode della mia stima e simpatia a prescindere dalla visualizzazione delle sue opere, che sicuramente rispecchiano la persona.

Luca, preciso e puntuale arriva nel luogo che gli ho indicato per il nostro incontro; ore 17.30 siamo da “SOFA” a Milano.
Ve lo presento; Luca Coser, artista e docente di disegno all’Accademia di Belle Arti di Brera:

“L’opera d’arte deve possedere il suo dna a prescindere o meno da un eventuale ingresso nello star system. L’artista si deve calare nel proprio fango, nella parte più profonda che abbiamo, deve scendere in profondità
per portare alla luce una perla, qualcosa di prezioso che abbia un senso profondo. Ciò che trovo bellissimo in Accademia di non dover rispondere a richieste ministeriali da educatore, ma in Accademia quando insegno, parlo con me. Vivo due momenti, uno da artista e l’altro da insegnante.
L’artista cerca sempre di sondare i suoi limiti estremi”.

Come vivi questo duplice aspetto?

Non noto molto la differenza, negli anni ho acquisito anche il linguaggio e una struttura didattica. Oggi l’artista si pone di fronte all’assenza di regole, siamo di fronte alla frammentarietà. Per me insegnare significa dare spunti di vario genere; film, libri, ecc. Un artista per creare può avere più motivi di stimolo. Non è una questione di idee, è una questione di sviluppare un linguaggio che rimanga mio e per il quale sarai riconosciuto ed avere una propria identità. Ho iniziato come artista e solo molto tempo dopo ho
iniziato a fare l’insegnante, dopo i trent’anni. La mia prima mostra ufficiale l’ho fatta nell’87. Fare l’artista per me è una necessità, un’esigenza primaria per me.

E tu Luca, che lingua parli con la tua arte?

Tutto il mio lavoro parte da un’esigenza, è di tipo generazionale. Sono nel mezzo tra la generazione delle grandi utopie e la generazione del disimpegno. Io appartengo alla generazione di mezzo. Nelle sale cinematografiche, nelle biblioteche, anche solo in una stanza. Il racconto è la distanza, in virtù di questo ho iniziato a meditare profondamente sulla mia natura generazionale e non appartenere ne all’uno ne all’altro.
Ogni volta che guardo la realtà cerco delle similitudini con la narrazione di cui ho avuto esperienza nella vita. Il mio lavoro artistico consiste nel rappresentare la realtà nell’indossare la maschera della finzione artistica.
E’ questa la ragione del mio lavoro sulla citazione, che non è citare, ma ho utilizzato dei film come per esempio: l’amico americano da cui sono nate delle opere, mi sono nascosto dietro il film, dietro la narrazione artistica per narrare la mia, ho indossato una maschera.

Ti senti cambiato, evoluto, diverso rispetto a quello che eri?

Questa è una cosa che non cessa mai è come un viaggio immobile, non cambiando di fatto. Ogni movimento mi porta sempre al punto di movimento mi porta sempre al punto di partenza. E’ uno scombinare le carte sempre con lo stesso mazzo. I miei lavori sono sempre miei ripercorsi culturali. Il mio lavoro è fortemente legato alla cultura. Ecco, io credo che il mio lavoro sia un viaggio a ritroso di ritorno carico del viaggio di andata, io morirò così penso, chiuso in una stanza, immobile a compiere il viaggio di ritorno…

La metà alta, 2016, mista su legno, cm 30×30 ognuno

La nostra conversazione è giunta al termine ed io dedico a Luca un pensiero di Keith Haring, secondo il quale: “L’arte del disegno è fondamentalmente la stessa fin dai tempi preistorici. Essa unisce l’uomo e il mondo. Vive attraverso la magia”.

E per allietare la vostra lettura e ringraziare Luca Coser per la sua disponibilità vi dedico una canzone di Marvin Gaye: Lets get in on

Come sempre, la galleria immagini è a vostra disposizione.
Buona lettura e Buona visione a tutti!