Vedo i lavori di Marica per la prima volta su Facebook. Mi colpiscono e decido di osservare. La contatto solo qualche settimana dopo, una sera, quando decisi che era arrivato il momento. immediata simpatia e disponibilità da parte di entrambe, organizziamo di vederci a Peschiera del Garda dove vive e lavora, qualche settimana dopo. Il suo, è un linguaggio iperrealistico che merita di essere guardato dal vivo. Elegante, maturo, di grande precisione e ricerca, esteriore ed interiore; è insieme ragione e sentimento. Frutto di passaggi e cambiamenti attraverso varie espressioni e misurazioni di stile, di pari passo all’evoluzione del suo modo di essere e di rivelarsi, nel tempo e con il tempo necessario. L’arrivo al linguaggio attuale è avvenuto dopo un’attenta ricerca e maturazione dell’artista. Dispiega origami, mostrandone la costruzione interiore, così segnando e ridisegnando le tracce di un vissuto, espresso sulla tela e grazie alla tela con grande maestria. i suoi lavori sono alternanza di luci e ombre attraverso una musicale alternanza cromatica. Sono il manifesto del suo delicatissimo universo, al quale è giunta: ” ero in un periodo di tormento interiore, sentivo l’esigenza di dover cambiare. Per caso, un giorno mio figlio ha scovato un libro di origami. Ho fatto origami fin da bambina. Ho riaperto il libro e naturalmente, ho iniziato a voler approfondire sulla storia della: ” danza delle mani “.
Scopro la storia di Sadako Sasaki. Una bambina giapponese di due anni che quando scoppiò la bomba di Hiroshima si trovava a due chilometri dall’epicentro. Sembrava miracolosamente illesa, ma a undici anni gli hanno diagnosticato la leucemia. C’è una leggenda in Giappone che narra: ” colui il quale piegherà mille gru di carta vedrà i propri desideri esauditi. lei iniziò a piegarne e arrivò a 644 e poi morì. I suoi amici finirono di piegarle, raccolsero fondi e da allora c’è una statua nel parco di Hiroshima di una bambina con una gru dorata nella mano che sta spiccando il volo, e ogni anno in occasione di questa ricorrenza arrivano gru da tutto il mondo”.
Marica, qual’è il tuo desiderio?
Che il messaggio che c’è nelle mie opere arrivi a più gente possibile e di riuscire a trasferire l’emozione che ho dentro. L’altro è di andare a Ginevra al CERN per riuscire per riuscire ad unire arte e scienza e dulcis in fundo, realizzare la copertina di un gruppo musicale, i “Logos”, a cui ho fatto conoscere la storia di Sadako Sasaki e parlando con loro, ne è venuta fuori una canzone che io dedico alla bambina.
Ho visto nei tuoi lavori, una costante, le pieghe. Che rapporto hai con le pieghe e cosa sono per te?
Penso sia qualcosa di innato. Da quando ero bambina ho sempre avuto una passione per i drappeggi. Io, quando dipingo un quadro, mi perdo nelle pieghe e nelle sfumature e mi lascio trasportare. Salvador Dalì, diceva: “nel momento in cui ti siedi davanti al cavalletto per dipingere il tuo quadro, la tua mano è guidata da un angelo.
A quanti anni hai iniziato a dipingere?
Il primo concorso che ho vinto è stato in terza elementare. Ad olio ho iniziato a dipingere a quindici anni, facendo riproduzioni di artisti del passato. Poi, ho frequentato la scuola di restauro, esperienza molto formativa i cui insegnamenti mi sono serviti mi sono serviti molto anche in futuro.
Quanto pensi di essere cambiata dalle riproduzioni ad olio agli origami?
Nelle riproduzioni ad olio, fondamentalmente non avevo niente da dire. Poi, sono passata ad una fase intermedia, come la chiamo io, dove ricercavo uno stile riconoscibile dove la tecnica aveva il sopravvento sul concetto. Fino ad arrivare agli origami, dove c’è una tecnica, ma prefrisco che arrivi il concetto. Fino ad arrivare agli origami, dove c’è una tecnica, ma preferisco che arrivi il concetto. L’origami è inutile come la poesia.
Il tuo prossimo obiettivo?
La mia prossima mostra personale al Museo d’Arte Contemporanea a Calaghironda a Bologna. Con una mostra dei miei ultimi lavori curata da Ivan Quaroni che inaugurerà il 26 Dicembre. Poi l’intera mostra andrà alla galleria Zanini Arte Contemporanea a San Benedetto Po. Credo molto in questa mostra.
A chi la dedichi?
A mia figlia Margherita Jael
Mi ha fatto molto piacere confrontarmi con un’artista e una donna come Marica, alla quale faccio il mio personale in bocca al lupo per la sua vita con:
Lentamente muore
“Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca o colore dei vestiti,
chi non rischia,
chi non parla a chi non conosce.
Lentamente muore chi evita una passione,
chi vuole solo nero su bianco e i puntini sulle i
piuttosto che un insieme di emozioni;
emozioni che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbaglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti agli errori ed ai sentimenti!
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza,
chi rinuncia ad inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia e pace in sè stesso.
Lentamente muore chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare,
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli si chiede qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di
gran lunga
maggiore
del semplice fatto di respirare!
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di
una splendida
felicità.”
Pablo Neruda