Giovedì 26 Novembre 2015
La scultura non è mai stata argomento di analisi nel mio percorso lavorativo, non perché non mi piacesse o perché non le conferissi un valore linguistico, ma semplicemente perché non ce n’è mai stata occasione di
potermici confrontare. Stasera ho fatto un’eccezione, ho visualizzato alcune immagini di Andrea Cereda sull’invito per l’evento di stasera alla Costantini Art Gallery e mi è piaciuto, le sue opere hanno attirato la
mai attenzione. Sono andata poco prima dell’apertura delle porte appositamente per potermici confrontare con l’artista e con un lavoro nuovo per me. Andrea si è mostrato disponibile ad aiutarmi nella comprensione con una spiegazione ed un trasferimento d’intenti bello ed esauriente. La conversazione è avvenuta su uno dei divani della galleria, con grande discrezione e rispetto da parte dei galleristi presenti. Ha iniziato parlandomi di se e dell’inizio del suo percorso di vita compatibilmente a quello artistico. Lui nasce come pubblicitario, la vena creativa ed artistica erano già presenti. In seguito ha iniziato a dipingere, nel 1999. Grazie ad un caro amico gallerista che vide nei suoi lavori un potenziale sbocco nella scultura ha avuto il suo ufficiale inizio, dando vita a questo nuovo percorso. Le sue lavorazioni hanno uno storico e una sperimentazione prima con pezzi di legno e poi con il ferro, di provenienza industriale per poi approdare a lamiere di ferro di vecchi bidoni e lavorarli in seguito.
Ad Andrea interessa modificare e lavorare su cose già utilizzate dall’uomo, che abbiano già una loro vita da raccontare, arrivano nelle sue man invecchiate. In questo materiale vissuto, esattamente per come accade per gli esseri umani, porta con se i segni dell’esperienza e i luoghi di provenienza di dove e come hanno vissuto. I luoghi segnano i materiali esattamente come per gli uomini. Infatti ciò che a lui interessa maggiormente è trasferire nelle sue sculture l’essere umano, il suo vissuto e le sue dinamiche interiori. La mostra si divide in due cicli di opere, con due diversi messaggi; “Metamorphosis- necessità evolutive” e “La parte sommersa del se”. In quest’ultimo ciclo, che rappresenta per mezzo di scheletri di barche installative sospese in aria. I relitti rappresentano; “gli irrisolti che ognuno di noi si porta dentro, che fluttuano in un limbo, in una sorta di calma apparente. Crediamo di averli dimenticati, ma proprio perché mai risolti sono pronti a riemergere per tornare ad agitare le acque del nostro vivere”. Per il primo ciclo “Metamorphosis-necessità evolutive” si tratta di elementi biomorfi che giacciono a terra su uno strato di cenere, sopravvissuti ad una catastrofe, oppure provenienti da un’altra galassia. Questi elementi sono costretti per sopravvivere ad adattarsi all’ambiente in cui sono venuti a trovarsi, cercando di sopravvivere e portare avanti la propria esistenza:” in questo momento in cui tutto sembra brutto e ostile, la vita ha comunque il sopravvento”, la stasi rappresenta la morte e la metamorfosi cambiamento e vita. Questa è l’idea progettuale, non allestita in galleria, ma che vi mostro comunque per fornirvi l’idea progettuale. Attraverso questo ciclo l’artista vuole: “suggerire una storia, non solo attraverso la forma, ma proponendo un concetto, da sviluppare individualmente in base alla propria esperienza”. Andrea: “anch’io quando lavoro e sbaglio rispetto al progetto, ma colgo nell’errore un’opportunità per una nuova strada”.
Nella sua arte affronta tematiche universali veicolate attraverso forme. L’opera per l’artista deve necessariamente avere un valore personale e al tempo stesso universale, solo nel caso in cui sono presenti entrambe le componenti lo spettatore riesce ad entrare in relazione con l’opera. Molto carinamente l’artista mi ha mostrato e mostro a voi tutti un suo precedente lavoro, non presente in questa occasione espositiva in galleria, dal titolo: “Noi siamo lacrime”, questo lavoro sta a rappresentare la sostanza di cui è composto l’uomo: “dal 65% di acqua e dal 100% di emotività”. Le lacrime sono fatte della nostra stessa sostanza e prende in esame otto blocchi installativi per rappresentare i componenti della sua sfera affettiva, ogni lacrima un componente.
A questo punto la domanda mi sorge spontanea: “Andrea, perché “Il difetto originale” come titolo?
Andrea:” l’imperfezione genera l’originalità di qualcosa, qualcosa di perfetto non possiede una sua particolarità. Ciò che incuriosisce è il difetto ed è anche ciò che ti lega a qualcosa. E’ la peculiarità che ti fa legare a qualcosa. Il difetto non deve essere visto come mancanza, ma come elemento distintivo da mettere in risalto”. Dopo questa bellissima risposta, ci congediamo e gli auguro un in bocca al lupo per la serata e per la carriera. Vi propongo le immagini della mostra in galleria, delle specifiche di immagini progettuali fornitemi dall’artista e le opere non presenti in galleria “Noi siamo lacrime”.
Colgo l’occasione per ringraziare Andrea Cereda per la grande disponibilità e cortesia e la Costantini Art Gallery per la gentile concessione, per la discrezione e il rispetto rivoltomi.
Invito tutti voi a vedere questa interessante mostra!
A presto!