Milano, 9 Gennaio 2015
Ore 10:00
Ci sono dei momenti in cui avverto la necessità e il bisogno di confrontarmi e soprattutto di apprendere. Questo mio personale bisogno lo colmo dirigendomi direttamente da chi ritengo adatto e adeguato per
colmare le mie esigenze. Questa volta sono andata da chi ritengo sia il migliore che mi possa dare e trasmettere; Filippo Scimeca. Artista e docente storico dell’Accademia di Belle Arti di Brera, sessant’anni della sua vita trascorsi all’insegna dell’arte. Lì nella sua “aula 45” si è evoluto come uomo, come artista e come insegnante. Ci siamo sentiti prima delle feste natalizie, ma per impegni di entrambi non è stato possibile incontrarsi; siamo rimasti che ci saremmo sentiti dopo le festività.
Preciso e puntuale e uomo di parola, mi ha fissato l’appuntamento.
Sono nel suo studio a Milano, mentalmente libera e desiderosa di apprendere. Ho volutamente deciso che non avrei fatto lui nessuna domanda specifica, ma lo avrei fatto parlare liberamente. Volevo che mi
raccontasse la sua storia dagli inizi alla fine. Giovanissimo, appena vent’enne ha il suo primo ruolo in cattedra. Per poi farne l’unico motivo di vita e professionale. Ha iniziato il suo lavoro come scultore, ma non era contento di fermarsi alla semplice riproduzione umana, Filippo cercava altro: “Sono passato dal figurativo alla forma per la ricerca di pura
emozione. Ho dovuto faticare per abbandonare il figurativo, ma volevo trasmettere in assoluto l’emozione pura, spogliandolo del suo significato.”
L’arte non ha bisogno di significato, è l’innamoramento la cosa importante; questa è l’arte: “Non devi sapere il perché, l’arte ti deve arrivare priva di ragione, come quando ami qualcuno, lo ami senza una ragione.”
Io penso che l’arte debba necessariamente avere un valore sociale e lasciare una traccia per l’umanità, ma questo lo si può avere solo se arrivi all’anima, all’essenza. Mi ha parlato delle sue tecniche didattiche agli studenti del primo anno e di come lui intende l’insegnamento e la trasmissione non solo della tecnica, ma del “sapore” dell’arte. Ve lo racconto: lui proponeva nel periodo iniziale dell’Accademia la raffigurazione di una modella, per poi passare alla modella in movimento, dando la possibilità agli studenti di cogliere per poi passare allo svolgimento di temi essenziali, volete un esempio?; “Il profumo del mare”, “Il rumore dei passi sopra l’erba”, gli studenti così erano formati a fasi e passaggi, facendoli arrivare all’anima della loro anima. Gli studenti così, non si omologavano tra di loro, ma ognuno rappresentava se stesso. Copiare non è creare.
Picasso diceva: “Io non ho stima per coloro che trovata la formula di successo, si ripetono per tutta la vita, questo è essere mestierante, la morte del filosofo e del poeta.”
L’arte ci preserva dall’alienazione, sapere di poter sfruttare l’emisfero destro dove governa la creatività. Solo quando siamo di fronte ad un opera d’arte siamo di fronte alla nostra anima. Il ‘900 rappresenta il
momento della svolta nel mondo dell’arte, si passa dal figurativo all’astratto, dove la forma non è più sorretta da un significato. L’arte deve servire a travasare il mondo interiore.
Nel 2004-2005 passa alla creazione di sculture in legno.
Filippo è un artista poliedrico, la sua specializzazione è la scultura, ma non si è risparmiato di misurarsi anche con altri linguaggi; pittura, disegno.
Ho il piacere di mostrarvi attraverso alcune immagini la sua storia e la sua evoluzione come uomo, come artista e come insegnante. Affinchè possiate osservare il suo storico e il suo sviluppo creativo, ho chiesto lui di fornirmi delle stesse immagini che ho avuto io stessa il piacere di vedere durante il nostro bellissimo incontro. Sono onorata e felice di aver trascorso del tempo con una persona meravigliosa, un grande artista e con l’insegnate che a tutti posso augurare di avere nella vita.
Ringrazio di cuore Filippo per il tempo dedicatomi e per la bellissima trasmissione di sapere.
La mi personale dedica per Filippo è: “L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non
sempre lo è”. Paul Klee