Milano, Domenica 25 Ottobre 2015
Domenica mattina; mi sveglio, faccio velocemente colazione. Ho in programma di andare a visitare il Photoshow al Superstudio più in Via Tortona, senza particolari pretese, soltanto per piacere personale. So
che è l’ultimo giorno e dico a me stessa: “andrai a chiudere le danze”! Ma sì, tanto a me piace chiudere le danze!
Entro e dopo una breve carrellata all’interno dei vari stand adibiti per la manifestazione; do un rapido sguardo al programma generale e fermo l’attenzione sui seminari. Nel frattempo, cresce in me la voglia di
cercare qualcosa che mi somigliasse; un “mio scatto” un mio momento, una mia emozione.
Ore 12:00-13:00 seminario Fujifilm Italia: lo scatto è la risposta con Frankie HI-NRG MC. Perfetto, dico a me stessa, inizio da qui. Frankie, che ho avuto il piacere di conoscere già in precedenti occasioni, è una persona
che stimo, uomo intelligente e capace, vado ad ascoltarlo volentieri! In più, il titolo del seminario mi sembra interessante. Faccio un breve tratto all’esterno del Superstudio più e arrivo all’Hotel Now, luogo
adibito per lo svolgimento dei seminari; primo piano.
Inizia il seminario: Frankie inizia a parlare di come nasce in lui la voglia di fare fotografie e di che cos’è per lui la fotografia e cosa rappresenta. Nel frattempo, ore 12:25, la mia sete e la mia voglia di avere
qualcos’altro non si placavano, non sapevo nemmen io di preciso cosa stessi cercando. Niente, dovevo muovermi, mi stavo agitando, riguardo istintivamente il programma e fermo nuovamente la mia attenzione
sul seminario che sarebbe iniziato alle 12:30 in Sala Dubai, prontamente di fianco a quella in cui ero.
Seminario Nikon: Lo specchio dell’io eterno- La psicologia nel ritratto attraverso l’arte e la fotografia con Monica Silva. Mi alzo istintivamente e mi dirigo all’interno dell’altra sala carica di una strana sensazione;
quella che ho sempre quando mi sta per succedere qualcosa. Il seminario era iniziato da cinque minuti appena, mi siedo in prima fila curiosa. Vengo subito catturata dagli argomenti e dal filo conduttore dell’intero seminario; bello, interessante e profondo. Dal mio canto, a fine seminario tengo a congratularmi con l’artista per il tipo di analisi e di ricerca che svolge nel suo lavoro. La raggiungo, uno scambio di sguardi ed è subito una grande emozione per entrambe, ci abbracciamo come se ci conoscessimo da sempre. Ecco, la mia sete è stata appagata; ho l’emozione, ho il momento, ho lo scatto.
Milano, 27 Ottobre 2015 ore 16:30
A casa di Monica per una bella chiacchierata/intervista:
Quando è iniziata la voglia in te di fare i ritratti?
Ho iniziato a fare i ritratti quando ancora non sapevo cosa fosse la fotografia. Utilizzavo le macchinette dei miei amici, per gioco. La mia prima macchinetta l’ho acquistata a Londra era una Olympus. E’ diventata per
me subito una necessità. Mi piaceva ritrarre le persone nei loro momenti di quotidianità e quando erano assorte nei loro pensieri. Ignare di essere riprese. Sentivo che non c’erano delle maschere, come
solitamente accade quando la foto è fatta sotto richiesta. Vedevo che riuscivo a catturare la loro essenza più profonda. Da lì è iniziato il mio personale percorso. Ho iniziato anche con me stessa facendo degli
autoscatti in luoghi diversi e con stati d’animo diversi, per cercare proprio quell’essenza. E vedevo i miei stessi cambiamenti. Riuscivo a vedere le tante poliedriche sfumature di me stessa.
Quando è iniziata ad essere una professione?
Nel 2001, quando facevo aiuto regista di pubblicità. Ho avuto il piacere di lavorare con i più grandi registi internazionali. Ho fatto delle foto di grafica per dei siti internet. Dopo quel momento ho fatto un book fotografico mio e sono andata a bussare di porta in porta. Un bel giorno mi chiamò la redazione di Max.
Dove mi commissionarono un lavoro a Londra e da quel momento per me è stata una continua ascesa e un continuo crescendo personale.
Quando le tue foto hanno avuto uno sviluppo artistico?
La fotografia per me è una necessità fisica, intima, psicologica. Le foto prettamente pubblicitarie e sotto commissione, con il passare del tempo iniziavano a starmi strette. Nel 2008 ho deciso di dare alla luce un
progetto tutto mio, senza vincoli commerciali, ma totalmente guidato dal mio istinto e dalla mia creatività. Il progetto era ispirato sull’antologia di Spoon River, dal titolo “Life above all” nel quale ho cercato di
riportare in vita, attraverso la mia immaginazione alcuni dei suoi personaggi, affinchè ogni poesia potesse essere rappresentata attraverso la mia fantasia e la mia percezione. Dal quel momento in poi la mia vita è
cambiata. Ho avuto modo sempre più di poter interagire con persone e personaggi e trasformarli attraverso il mio occhio in ciò che percepivo e vedevo in loro: il loro alter ego e la loro più profonda essenza, che riesco
a cogliere anche in maniera inconsapevole, non conoscendo direttamente le persone con cui interagisco, ma ciò nonostante mi arriva la loro intima verità. La macchina per me diviene il mio terzo occhio.
Che cos’è per te il terzo occhio?
Nel mondo in cui viviamo in cui dobbiamo apparire sempre super potenti, belli e supereroi, diventa sempre più difficile cogliere la verità profonda delle persone. Davanti a questa mia riflessione, ho voluto iniziare un
percorso più profondo, partendo dalle mie ricerche personali. Avevo deciso durante un periodo buio della mia vita, in maniera consapevole, di iniziare un’autoterapia attraverso le immagini accompagnate da un
diario. Quotidianamente mi ritraevo e scrivevo come mi sentivo e cosa stava accadendo intorno a me. Ho cominciato a percepire l’effetto benefico di questo percorso e una presa di coscienza di chi ero e cosa io
potevo mostrare alle persone, rafforzando così la mia personalità. Rafforzando il mio io per affrontare il mio quotidiano. Ho pensato che non dovesse rimanere esclusivamente una mia peculiarità e di allargare
questo tipo di terapia anche agli altri attraverso la fotografia terapeutica. Da questo momento in poi è diventato il mio strumento di lavoro, che ha preso a poco a poco un’entità forte e precisa anche in ambito
globale. Ogni mio lavoro è un riflesso di ciò che sono. Significa riuscire a mettersi in gioco. Per me arte significa mettermi in gioco costantemente. Creo i miei progetti solo guidata dal mio istinto, non per mera
mercificazione. Il mio spettatore principale sono Io. Faccio una foto e io mi chiedo: “ci sei tu?” “corrisponde a te stessa?”. Solo in quel momento lo trasformo in lavoro pubblico e si materializza. Per me fare foto è un
modo per mettermi a nudo e anche quando faccio foto agli altri miro sempre a “spogliarli” e creare un rapporto intimo, come se stessimo facendo l’amore.
I tuoi progetti futuri?
Ne ho tantissimi e per scaramanzia non li voglio svelare. Surprise!
Tre ore di conversazione intense, che non sono riuscita a racchiudere in un’unica intervista, vogliate perdonarmi! Ho avuto il piacere di confrontarmi con una bellissima persona e l’onore di poter entrare
nell’intimo di una delle più apprezzate ritrattiste italiane. Spero che questo sia solo l’inizio di un rapporto lavorativo e personale. Grazie Monica per l’emozione che mi hai trasmesso!
Io e Monica cogliamo l’occasione per augurare buona lettura e buona energia a tutti!